
Gilles Villeneuve, a 40 anni dalla sua scomparsa la leggenda è più forte che mai
Il mito del pilota canadese è più vivo che mai. Iniziò tutto con le gare di motoslitta, e con una grande determinazione: Gilles all'inizio si vende la casa per potersi pagare la vita in mezzo ai motori
A 40 anni dalla morte di Gilles Villeneuve, l'8 maggio del 1982 a Zolder, in Belgio il mito del pilota canadese è più vivo che mai. Iniziò tutto con le gare di motoslitta, e con una grande determinazione: Gilles all'inizio si vende la casa per potersi pagare la vita in mezzo ai motori, tanto poi riuscirà a comprarsi un elicottero per arrivare sui circuiti. Gira paesi e città senza trovare pace né far crescere radici, ma entrando nel cuore di tanti tifosi, anche se poi alla fine vincerà solo 6 Gp in carriera.
Il mito Villeneuve in ogni caso è più forte in Italia che in Canada, lo dice anche la moglie Johanna. Basta fare un giro virtuale a quelle latitudini per capire che Gilles è più uno di noi che uno di loro. C'è stato un tempo in cui "j'ai la fievre villeneuve" - "ho la febbre villeneuve" - non era solo un modo di dire inventato dai compatrioti francofoni pazzi per il loro eroe nazionale, ma un'eccitazione dell'anima prima ancora che dei sensi. Una passione che si accende il 9 ottobre del 1977 quando Gilles debutta con la Ferrari F1: il Drake lo assume anche per dimostrare che chiunque poteva vincere con una delle sue macchine, tempo dopo lo paragona a Nuvolari.
La morte prematura, all'apice della carriera e a soli 32 anni, avrebbe alimentato come benzina la passione collettiva, il dolore di chi con il piccolo canadese aveva sognato, e di chi su quella monoposto l'aveva fatto salire. "Io gli volevo bene", dirà Enzo. In una iconica conferenza stampa Ferrari nel 1981 gli diede un bacio sulla testa, muovendogli appena i capelli. L'amore paterno è fatto così. Quando sarà lui a morire, qualche anno più tardi, una foto di Villeneuve era ancora tra i suoi ricordi più preziosi.
Il risultato è che Gilles è più vivo che mai. Vive ancora sulle tre ruote di Zandvoort 1979, con quel giro di pista a trascinarsi dietro pneumatico, cerchio e i commenti inorriditi degli addetti ai lavori. "Villeneuve mi sta bene così com'è", lo difendeva Ferrari. Gilles vive ancora sotto la pioggia del gran premio del Canada dell'81, dietro quell'alettone piegato sempre di più a impedirgli di vedere davanti. Arriva terzo, 'sentendo' la pista, come quando vinceva sulle motoslitte. "Assurdo", "dategli bandiera nera", "fermatelo", dicono sempre gli stessi. Ma si sente solo il boato della folla che lo esalta, il termometro schizza impazzito, altro che febbre: è delirio.
Gilles vive ancora nel duello con René Arnoux negli ultimi 4 giri di Digione nel 1979: frenate al limite, sbandate, toccate, sorpassi e controsorpassi all'esterno. A finire davanti è Gilles, che si piazza secondo. C'è un altro duello però nel destino del canadese. Imola, 25 aprile 1982. Quelle che sembrano solo manovre per deliziare il pubblico diventano il tradimento del compagno di squadra Didier Pironi. Villeneuve, in piena corsa verso il mondiale, crede che il francese gli starà dietro e gli farà da scudiero come lui fece con Jody Scheckter tre anni prima, consentendo al sudafricano di lottare per il titolo. Non sarà così. 'Didi' gli soffia la vittoria non restituendo la posizione, Gilles la prende male e inizia la corsa verso la morte. Determinato a qualificarsi davanti a Pironi, a Zolder due settimane dopo entrerà in pista con furia cieca e gomme consumate, cercando l'ultimo tentativo di giro veloce. Troverà la morte.