
Chip automotive: la crisi si aggrava e diventa emergenza
Adas è una sigla che indica i nuovi sistemi avanzati di assistenza alla guida (Advanced Driver Assistance Systems).
La crisi dei chip nel settore automotive
Dopo un 2020 da dimenticare per il mercato dell’auto, il settore deve fare i conti con la crisi dei chip automotive. La carenza dei componenti elettronici sta creando gravi difficoltà alle aziende, rallentando la produzione di nuovi modelli negli stabilimenti e costringendo le case automobilistiche a cercare delle alternative adeguate.
Nel 2021 i microchip sono quasi introvabili, un problema serio che secondo gli analisti potrebbe prolungarsi anche nei prossimi anni. Le cause che hanno portato a questa situazione sono molteplici, a partire dalla pandemia di Covid-19, in quanto l’emergenza sanitaria ha costretto le imprese di semiconduttori a diminuire la produzione.
Anche il rincaro delle materie prime sta influendo nell’offerta di chip, oltre alla richiesta mondiale in continua crescita. I microchip, infatti, sono essenziali in tutti i settori industriali, inoltre sono utilizzati per ogni tipo di device elettronico, in modo particolare nei pc e nei componenti hardware come GPU e CPU.
Inoltre, sono poche le aziende che realizzano semiconduttori, con una produzione concentrata in Asia, considerando che oltre il 67% dei prodotti proviene da Taiwan. I costi di produzione in aumento, più che raddoppiati negli ultimi 4 anni, la pandemia e la domanda ai massimi hanno creato uno scenario davvero complesso da gestire per l’industria automobilistica
Chip shortage: perché i chip sono importanti nelle auto?
La crisi dei chip automotive sta costringendo le aziende a una serie di interventi drastici, infatti quasi tutti i marchi del settore stanno interrompendo periodicamente la produzione. Blocchi temporanei sono stati realizzati dai principali brand automobilistici, come Stellantis, Volkswagen, BMW, Toyota e Ford.
Per capire l’importanza di questi componenti nelle auto di oggi basta considerare i dati forniti da Volkswagen. Secondo il gruppo di Wolfsburg, soltanto nella VW Golf sono presenti fino a 70 microchip, quindi considerando il livello produttivo del 2020, in un anno appena per la Golf vengono utilizzati 3,4 miliardi di semiconduttori.
Questi numeri sono destinati ad aumentare in futuro, a causa della continua evoluzione tecnologica dei veicoli. Le macchine moderne sono sempre più sicure e driverless, dotate di nuovi dispositivi di controllo e monitoraggio, con avanzate tecnologie ADAS per l’assistenza alla guida e sistemi integrati che aumentano l’efficienza delle performance.
Ad esempio, in un’auto convenzionale i microchip servono per:
- servosterzo;
- sensori radar;
- airbag;
- luci;
- convertitori;
- climatizzatore;
- controllo della trasmissione;
- tergicristalli
Si tratta di una presenza indispensabile per il funzionamento delle vetture. Trend come la mobilità elettrica e la guida autonoma richiedono un numero elevato di semiconduttori, per soddisfare le richieste di connettività, comfort e sicurezza delle auto smart e green.
Come viene prodotto un chip automotive
Un microchip è un dispositivo di dimensioni estremamente ridotte, in grado di misurare appena pochi millimetri o al massimo qualche centimetro. Basta pensare che il chip più piccolo al mondo è stato progettato alla Columbia University con i nanomateriali, per una dimensione di appena 0,1 mm (paragonabile a un acaro della polvere), tanto da renderlo invisibile ad occhio nudo.
I microchip sono realizzati a partire da fogli di silicio, conosciuti nel settore come wafer, mentre la produzione avviene in stabilimenti altamente specializzati e in ambienti sterili per evitare qualsiasi tipo di contaminazione. I procedimenti sono particolarmente complessi, infatti per ottenere in chip finito possono servire anche 4 mesi e migliaia di processi differenti.
Il risultato finale è un componente di silicio disegnato secondo la progettazione effettuata dai tecnici, affinché al termine delle varie lavorazioni l’architettura del microchip sia perfetta. Per ottenerla vengono sovrapposti diversi strati di silicio, a seconda della complessità del progetto e del tipo di utilizzo.
Ovviamente, alcuni chip sono più semplici e rudimentali, mentre altri sono più sofisticati e precisi, in base alla finalità d’impiego. La tendenza alla miniaturizzazione, per ridurre peso e ingombro, sta spingendo i produttori a tentare la realizzazione di microchip sempre più piccoli, passando dal micro al nano, un aspetto che fa aumentare tempistiche e costi rallentando ulteriormente l’offerta.
Come risolvere la carenza dei componenti elettronici: USA e UE
L’industria automotive sta cercando di risolvere la carenza di chip, tuttavia si tratta di un compito arduo e non è prevista una soluzione a breve termine. Il governo Biden negli Stati Uniti ha lanciato da tempo l’allarme sulla produzione di semiconduttori, indicando come gli USA debbano diminuire la dipendenza dall’Asia e aumentare la produzione interna.
Il rischio sono ricadute sui livelli occupazionali, a causa del rallentamento dell’attività negli stabilimenti e la conseguente contrazione della vendita di auto. L’amministrazione americana vuole finanziare con ingenti investimenti ricerca e sviluppo, per favorire la realizzazione di semiconduttori per le esigenze dell’industria statunitense.
Anche nel vecchio continente si stanno cercando possibili soluzioni alla carenza di microchip, anche in questo caso con lo scopo di ridurre la dipendenza dalla produzione asiatica. La Commissione Europea ha stabilito un obiettivo ambizioso, per il passaggio dal 10% al 25% della produzione mondiale in Europa nei prossimi anni.
La UE vuole costruire una partnership strategica tra produttori, clienti e fornitori, per garantire la sovranità europea nel campo dei semiconduttori. Si tratta di un piano che ricalca quanto avvenuto per le batterie delle auto elettriche, tuttavia gli effetti sul settore automobilistico si avvertiranno soltanto nel lungo termine.
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